Sicilia. Nei beni confiscati ai mafiosi si produce ricchezza per le comunità  

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Anche nelle terre di Riina, Provenzano, Messina Denaro e di tanti altri boss della criminalità organizzata «non esiste l’impossibile quando ci sono libertà, giustizia e impegno». La prova evidente è rappresentata da ville, appartamenti, locali e terreni che lo Stato ha confiscato a loro e ai loro parenti per affidarle poi a Enti pubblici, associazioni e cooperative. Da beni mafiosi, quei patrimoni si sono trasformati oggi in strutture sociali utili alla comunità e in grado, come nel caso dei terreni, di produrre ricchezza nel rispetto dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. A Corleone, in provincia di Palermo, e Belpasso, in provincia di Catania, sul tema del riuso sociale dei beni confiscati si sono tenute due iniziative che hanno coinvolto i volontari dei campi e dei laboratori della legalità, i promotori del movimento dell’antimafia sociale, i testimoni e i parenti di vittime della mafia e i soggetti assegnatari dei beni.

Corleone – La prima ha avuto luogo, il 19 settembre, proprio nella cittadina che tutto il mondo conobbe nel 1974 con l’uscita del film vincitore del premio Oscar, Il padrino, di Francis Ford Coppola, che narra delle vicende del “padrino” don Vito Corleone e della sua famiglia. Titolo della manifestazione, proprio la frase «Non esiste l’impossibile quando ci sono libertà, giustizia e impegno». La mattina è cominciata con l’incontro tra i volontari che partecipavano al campo della legalità di San Giuseppe Jato, gestito dalla cooperativa Placido Rizzotto, e Pippo Cipriani, autorevole rappresentante della primavera antimafia di Corleone ed ex sindaco della città. Proprio nella piazza che ne ospita il monumento, Cipriani ha ricordato ai presenti la figura di Bernardino Verro (Corleone, 3 luglio 1866 – Corleone, 3 novembre 1915). «Sindacalista e politico italiano, Verro – ha ricordato Cipriani – fu il primo sindaco socialista di Corleone e venne assassinato dalla mafia per le lotte condotte a favore dei contadini e contro lo strapotere mafioso dei latifondisti. Per ricordarlo, tutti i sindaci socialisti d’Italia raccolsero fondi per erigerne il monumento. La mafia lo rimosse nel 1917 per cancellarne la memoria. Ci riuscì per quasi cento anni, fino a quando, nel 2015, il busto fu rimesso al suo posto». A Corleone c’è stata la mafia ma anche tanta antimafia e Cipriani è uno dei suoi maggiori rappresentanti. Tra le sue tante iniziative, è stato anche promotore del progetto che ha portato all’installazione del monumento che ricorda la figura di Placido Rizzotto, esponente di spicco del Partito Socialista Italiano e della Cgil ucciso dalla mafia nel 1948 per il suo impegno a favore del movimento contadino per l’occupazione delle terre. Il suo corpo fu ritrovato nel 2009 e identificato solo nel 2012. Il 24 maggio dello stesso anno, alla presenza dell’allora presidente della repubblica Giorgio Napolitano, gli fu tributato il funerale di Stato.

Nel laboratorio della legalità creato all’interno di un bene confiscato a Bernardo Provenzano – «luogo di trincea e resistenza», così lo ha definito una volontaria che garantisce l’apertura della sede e che, soprattutto, racconta ai visitatori la storia di questa terra con grande capacità di coinvolgimento – i partecipanti all’iniziativa hanno poi visitato la mostra di Gaetano Percassi, insegnante e pittore di Partinico.

Belpasso – A Belpasso, nella piana di Catania, zona di produzione di agrumi e olivi, il 20 settembre, sotto il portico di quella che un tempo era la tenuta del boss Riela, si è discusso di percorsi comuni e condivisi per accelerare sulla strada del riuso dei beni confiscati. In una terra martoriata dalla siccità, dove gli agrumeti muoiono lentamente colpiti da un parassita che si chiama eloquentemente ‘tristezza’, hanno portato invece note positive Alfio Curcio, Rosario e Diego, rappresentanti della Cooperativa Beppe Montana Libera Terra che ha in gestione il bene, e tutti i capilega dello Spi Cgil di Catania guidati da Giuseppina Rotella e Margherita Patti. In estate la cooperativa ospita i ragazzi e i volontari dello Spi Cgil ma la giornata del 20 settembre è servita per fare il punto in vista dei campi del prossimo anno e, soprattutto, per le attività da promuovere sino alla primavera prossima, nel bene in cui il boss Riela coltivava la sua passione per i cavalli. Dove c’erano stalle e locali destinati all’allevamento degli equini, oggi sorgono cucine e spazi per incontri.

«Questo incontro rappresenta un momento di crescita non solo per i ragazzi ma anche per chi giovane non è più, – ha ricordato Curcio nel suo intervento – perché il contrasto alla cultura mafiosa appartiene a tutti, senza limiti di età». La cooperativa intitolata a Beppe Montana, poliziotto valoroso e capo della squadra mobile di Palermo, ucciso da Cosa Nostra nel 1985, nasce nel 2010 grazie all’impegno dell’associazione Libera e a due leggi: la legge Rognoni-La Torre, che consente la confisca dei beni in capo alla criminalità organizzata e quella che prevede il loro riutilizzo a fini sociali. Grazie a questi provvedimenti, oggi sono diverse, in tutta la Sicilia, le cooperative che gestiscono questi patrimoni tornati in possesso della collettività. «Abbiamo fatto tantissima strada – ricorda Curcio – perché qui, per circa dodici anni, il tempo trascorso dalla confisca all’affidamento, tutto è rimasto in stato di abbandono. È stato fatto un lavoro immane per il recupero del bene. Oggi siamo impegnati nella produzione agricola ma promuoviamo anche iniziative di carattere sociale, comprese le settimane che i volontari passano qui per i campi di E!State Liberi!».

Si parla di agricoltura e nessuno sorvola sulla siccità che sta assetando l’isola. Giuseppina Rotella, Spi Cgil Catania, fa sua la denuncia di tutti sui disastri di una rete idrica che disperde acqua destinata ai rubinetti delle case dei siciliani e all’irrigazione dei campi: «Alcune colture tipiche come aranceti, limoneti e olive, andranno in malora dopo due anni di mancanza di piogge. Gli invasi sono vuoti e fa specie ascoltare le critiche che il ministro della Protezione civile Musumeci ha rivolto alla gestione dell’alluvione da parte della Regione Emilia Romagna. Proprio lui che, in tema di gestione idrica, e non solo, è stato forse il peggior presidente che abbiamo avuto. Sull’isola l’acqua c’è ma la Regione, che su questo ha la responsabilità, non ha mosso un dito per invertire la rotta». Anche la Cooperativa Beppe Montana sta pagando l’inefficienza dell’istituzione regionale. Agrumeti e oliveti si stanno depauperando, insieme alla vita di oltre due milioni di persone, molte delle quali possono vedere scorrere l’acqua dai rubinetti solo intorno alle tre di notte.