Noi e la terza età. Gli stereotipi sugli anziani

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I pregiudizi colpiscono anche le persone di una certa età. Si chiama “ageismo” e può avvenire anche in senso contrario. L’indagine di un gruppo di ricercatori in Valdichiana

Una parola da imparare e da inserire tra quelle di uso frequente: ageismo. È del 1969 ed è stata coniata dal gerontologo americano, Robert Neil Butler. Indica l’insieme dei pregiudizi, degli stereotipi e delle discriminazioni basati sull’età. È un veleno invisibile ma letale, mina la coesione sociale di una comunità. Fatte le eccezioni – purtroppo in crescita – oggi nessuno oserebbe definirsi razzista, omofobo o antisemita. Nessuno oserebbe disprezzare un disabile, ma a chi non è sfuggita una battutaccia sui vecchi? In un quotidiano contesto sociale chi viene messo all’indice per aver definito l’anziano una persona ormai inefficiente o inutile? Il veleno è già entrato nel corpo sociale. Il Censis ci ricorda che quasi la metà dei nati tra il 1980 e il 1995 ritiene che nelle situazioni di emergenza la priorità debba essere data ai giovani. E il 35 per cento è convinta che la spesa pubblica destinata agli anziani sia troppo alta. E se dallo scenario italiano passiamo a quello internazionale, l’Oms ritiene che l’ageismo sia la discriminazione più diffusa e socialmente accettata. L’università degli studi di Firenze e in modo particolare il dipartimento di neuroscienze, psicologia, area del farmaco e salute del bambino (Neurofarba) sta lavorando all’antidoto e cioè al progetto Geras, generare risorse per abbattere gli stereotipi.

La professoressa Manila Vannucci racconta: «Abbiamo coinvolto nel progetto i comuni di Cortona, Foiano, Marciano e Lucignano nella Valdichiana aretina. Qui, a maggio, abbiamo iniziato una campagna di ascolto nel territorio, attraverso un questionario proposto a quattrocento persone ultrasessantacinquenni. Un lavoro capillare svolto in collaborazione con Asl Toscana Sud Est, Auser e altre realtà molto attive sul territorio, Spi Cgil compreso. L’obiettivo è analizzare i bisogni, la percezione che gli anziani hanno dei cambiamenti associati all’età e di come le persone anziane sono viste dalla società. Vogliamo dare ascolto anche alla “vecchiaia sommersa”, alle persone meno direttamente impegnate nel sociale e nella politica».

La comprensione è il primo passo della decostruzione, cioè dell’abbattimento dei pregiudizi e degli stereotipi. Ogni persona conosce benissimo quelli sulla vecchiaia. Sono oggetto di battute al bar e di film di dubbia qualità, fanno parte delle conversazioni quotidiane e, spesso, in una perversa miscela di autoironia e autodistruzione, sono gli stessi anziani a fare propri questi stereotipi. «Gli ultra sessantacinquenni – sottolinea Vannucci – sono una fascia di popolazione sempre più significativa in un paese a crescita zero. Non è difficile immaginare che gli stereotipi possano “accendere” conflitti generazionali. Una rinnovata coesione sociale passa anche per il contenimento dell’ageismo che è la svalorizzazione degli anziani da parte dei giovani, ma anche la svalutazione dei giovani da parte degli anziani». Il progetto Geras durerà nel tempo. «A luglio avremo i risultati della campagna di ascolto e a settembre realizzeremo un evento culturale di sensibilizzazione a Foiano. Per l’autunno abbiamo in programma un percorso laboratoriale su questi temi rivolto a due gruppi di volontari delle associazioni e, nel 2025, continueremo il lavoro in Valdichiana. Supporteremo le associazioni nella promozione dell’invecchiamento consapevole, libero da stereotipi».

L’articolo è tratto dal numero di luglio e agosto di LiberEtà Toscana