Lezioni di diritto. La svolta animale

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Foto di Vitor Fontes su Unsplash

Un’interessante fenomenologia giuridica caratterizza gli ultimi tempi: l’introduzione nei testi costituzionali e nei codici civili di norme sulla protezione degli animali. Tradizionalmente, il diritto considerava gli animali come “cose”, oggetto di proprietà pubblica (come la fauna selvatica, che può essere oggetto di caccia nei limiti previsti dalla legge) o privata: gli animali destinati all’allevamento e quelli che teniamo in casa, ossia gli «animali di affezione o da compagnia », stabilendo che non si possono pignorare.

Nuovo corso. Una legge del 2004 avvia una tendenza diversa. Mentre prima era punito soltanto chi uccideva o maltrattava «animali che appartengono ad altri», ora è punito chi «per crudeltà o senza necessità uccide o maltratta un animale». Dicono i giudici che prima era protetta la proprietà dell’animale, ora le nuove norme tutelano il “sentimento” verso gli animali (prima c’era solo una contravvenzione in caso di abbandono). Ma le tendenze del diritto contemporaneo vanno oltre: prima ancora del sentimento degli umani, va protetto l’animale in quanto tale, perché è un «essere senziente». La tutela degli animali è stata introdotta nella Costituzione tedesca nel 2002, in quella italiana nel 2021, e pochi mesi or sono, in modo ancora più incisivo, in quella del Belgio: le istituzioni «garantiscono la protezione e il benessere degli animali in quanto esseri senzienti». Siamo lontani da quanto chiedeva la Dichiarazione universale dei diritti degli animali (proclamata a Parigi nel 1978 da un’associazione privata), per la quale «ogni animale ha diritti che devono essere difesi dalla legge come i diritti dell’uomo». Questa è la tesi di Peter Singer, il filosofo di Princeton che con il suo libro Liberazione animale del 1975 diede vita a un movimento mondiale, denunciando tra l’altro gli abusi negli allevamenti intensivi e nei laboratori di ricerche, ed è stato protagonista della lotta contro quello che chiama il “razzismo di specie”.

Il parere dell’Europa. La “svolta animale” – com’è stata definita – si diffonde nei testi giuridici del pianeta, e ne parla anche l’Europa: per l’articolo 13 del Trattato sul funzionamento dell’Ue si deve tener conto «delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti», anche se poi aggiunge che si deve tener conto anche di leggi e consuetudini degli Stati (come riti religiosi e tradizioni culturali). L’homo sapiens deve dunque fare un passo indietro, rispetto ai colleghi animali che ha spodestato, dominato e massacrato. E in alcuni casi portati all’estinzione. Votando contro la riforma costituzionale del Belgio, un deputato ha detto di temere che la nuova norma potrà indurre a vietare il consumo di carne. Probabilmente prima o poi sarà così. La civiltà del pianeta ne trarrà un beneficio. I problemi tuttavia sono molti. Ad esempio, per noi la caccia è uno sport, ma vi sono ancora popoli del pianeta per i quali è un mezzo indispensabile per procurarsi il cibo. E poi: quando un animale è un “essere senziente”? Gli insetti e (parrebbe) anche le piante lo sono, ma perfino i più convinti sostenitori li escludono dalla “svolta animale”. Per gli animali da compagnia, la risposta è chiara, però è giusto continuare a mangiare la carne di animali, addomesticati per questo scopo, o usarli per esperimenti scientifici? E le specie predatorie? Vanno soppresse, come pure è stato proposto? Sono quesiti ai quali non è facile dare risposte nette.

Entità intermedie. Nel diritto contemporaneo, gli animali non sono ancora persone, ma non sono nemmeno più cose: una sorta di entità intermedia. E l’azione per creare un mondo migliore per gli animali è giusta e importante, se non altro per la consapevolezza che se ne può trarre dei limiti che gli umani devono sapersi imporre nel loro dominio sul pianeta.

L’articolo è stato pubblicato sul numero di luglio 2024 del nostro mensile, a firma di Cesare Salvi, docente di diritto all’Università di Roma Tre. Per abbonamenti alla rivista clicca qui